La meta principale della visita è costituita ovviamente dalla maestosa rocca di Bagnara, sorta nel XV secolo ad opera delle famiglie Riario e Sforza, i signori dell'epoca, sulle rovine del
castello medievale fatto costruire, nel 1354, da Barnabò Visconti. La Rocca originale era la parte più importante del sistema difensivo trecentesco, benché più modesta e più bassa rispetto a
quella attualmente visibile, con due torri simmetriche, a levante e a ponente, perfettamente uguali.
Tale fisionomia fu il frutto di alcuni interventi ad opera del Visconti, tesi non tanto all'inseguimento di un puro ideale estetico ma bensì al miglioramento dell'uso a fini difensivi della rocca
contro le armi manesche e da lancio. Quel primo manufatto andò completamente distrutto nel 1428 nella battaglia tra Filippo Maria Visconti e Angiolo della Pergola. Il suo ripristino richiese
diversi decenni, durante i quali Bagnara passò alla Santa Sede, poi agli Estensi, poi di nuovo alla Santa Sede, quindi a Taddeo Manfredi, a Galeazzo Sforza e, nel 1479, a Galeotto Manfredi. Nel
1482 la Rocca fu assegnata a Girolamo Riario quale dono di nozze da parte di Papa Sisto IV, suo zio, assieme alle città di Imola e Forlì con le rispettive pertinenze. Alla morte del Riario,
ucciso a Forlì in una congiura, gli subentrò la vedova Caterina Sforza.
In questo periodo, si ha l'introduzione dei primi esempi di artiglieria da fuoco di grande levatura, le bombarde. Il loro rapido perfezionamento rappresenta un'importante innovazione nell'arte
militare, spingendo in Italia e in particolar modo in Romagna i Signori dei castelli a ricorrere a numerose modifiche architettoniche, atte a contrastare la forza d'urto dei proiettili. Si
sviluppa così una famiglia di forme nuove, che si staccano dalle tradizionali forme medioevali per rincorrere le forme del successivo fronte bastionato all'italiana, ma proprio perché si parla di
una fase di passaggio, anche se breve, queste due caratteristiche seppur differenti tra loro convivranno all'interno delle rocche che si svilupparono durante il periodo chiamato della
"transizione".
Exemplum indiscusso di tale passaggio è il fortilizio bagnarese. In particolare analizzando la Rocca bagnarese si annota sotto il dominio di Caterina Sforza un importante
ampliamento e sistemazione del fossato, il passaggio dalle semplici feritoie delle cortine ad ampie svasature tronco-coniche per contenere le bombarde (si notino ad esempio le aperture sulle
cortine murarie del cortile a pozzo o nelle casematte del mastio); interventi simili si fecero anche per il torrione visconteo, che fu predisposto per l'utilizzo di armi promiscue aprendo al
pianterreno tre fori per cannoniere e due al primo, mantenendo anche l'assetto per l'utilizzo di armi manesche.
Di particolare rilievo è inoltre la realizzazione dello splendido loggiato che percorre quasi i tre quarti dell'intera cortina muraria, e presenta tutte le caratteristiche del "bello stile
cinquecentesco" ovvero dell'arco con ornamento in cotto; è da attribuirsi alla scuola di Mastro Giorgio fiorentino, secondo la bibliografia locale, da identificarsi probabilmente con
Francesco di Giorgio Martino (Siena 1439-1501) pittore, scultore ma soprattutto architetto militare, attivo nel pieno XV secolo in diversi centri come Urbino, Siena, Gubbio, il quale si recò
anche a Milano su istanza di Gian Galezzo Sforza.
La costruzione del mastio, considerato da molti studiosi una delle migliori opere d'arte fortificatoria del XV secolo in Italia, comincia nel settembre 1479; è suddiviso in tre ordini di
casematte che sono costituite da camere circolari molto ampie, coperte con volte semisferiche laterizie, tuttora ben conservate.
Sul finire del 1499 la Rocca passò al duca Cesare Borgia come gran parte delle terre romagnole, ma la gloria di costui passò ben presto. Nel 1535 il fortilizio era diventato un covo di falsari
che vi coniavano illegalmente monete. Nell'accordo raggiunto il 30 luglio 1562 tra il comune imolese e il vescovo di quella città, la Rocca passò sotto la piena proprietà di quest'ultimo, status
ribadito nei secoli successivi. Verosimilmente nel Seicento fu soppresso il ponte levatoio, ampliata la porta d'ingresso, ostruiti con muratura gli spazi esistenti tra i merli nelle torri, che
furono ricoperte con tetto. Si procedette in quel tempo ad una riconversione da uso militare ad uso civile della Rocca, che divenne residenza del commissario del vescovo al piano superiore,
mentre il pianterreno fu destinato a deposito e a vani di servizio. In alcuni periodi la Rocca fu anche destinata a carcere, come si può verificare osservando alcuni graffiti in una cella posta
nella casamatta superiore del mastio.
Durante l'occupazione napoleonica la Rocca fu espropriata al vescovo ed assegnata al comune, che ne fece la residenza municipale. Tornata al vecchio padrone con la restaurazione del 1814, divenne
definitivamente, nel 1868, proprietà del Comune che l'acquistò al pubblico incanto per il prezzo di lire 2.570 più lire 500 per le Fosse ad essa adiacenti. Furono subito necessari lavori di
rinforzo e di riadattamento del manufatto; quindi fu costruita una ghiacciaia, a ridosso del suo fianco settentrionale. Dopo l'acquisto il Comune vi stabilì la sede delle scuole elementari, che
vi restarono fino al 1926, quando furono trasferite nell'attuale ubicazione. Nel 1930 la Rocca divenne sede del dopolavoro fascista; durante l'ultima guerra vi trovarono rifugio diverse centinaia
di bagnaresi sfollati dalle loro case. Nel 1960 fu destinata a sede provvisoria delle scuole medie, per diventare residenza municipale nel 1962. Altri importanti lavori vi furono eseguiti nel
1968, nel 1974 (dopo che un settore del mastio era crollato), nel 1986 quando vi fu soppresso il ballatoio a mezzogiorno e rinvenuto lo scivolo originale che conduceva al ponte levatoio; infine,
vanno citati i lavori eseguiti negli ultimi anni, grazie ai quali gli spazi sono stati progressivamente recuperati a fini espositivi e museali.
Elementi di notevole interesse sono il mastio e il cortile centrale, restituito all'aspetto rinascimentale, alcuni ambienti interni con i soffitti lignei originali, i supporti di ferro del ponte
levatoio posto a mezzogiorno, i bei loggiati sulle cortine di levante e settentrione, il pozzo di riserva idrica e la scala a chiocciola formata da 78 monoliti in arenaria sovrapposti. Di sobria
eleganza è l'ufficio di rappresentanza del sindaco, ottenuto dalla casamatta superiore della torre a levante, la parte più antica della rocca, nella quale è ancora riconoscibile lo stile
visconteo. In detto ambiente è conservata un'interessante tavola in terracotta maiolicata dipinta a colori, risalente al 1770. La magnifica sala consiliare, ricavata da un ambiente a pianterreno,
è adornata da otto importanti dipinti, arte bolognese del Seicento e Settecento, con tele che vantano attribuzioni a Donato Creti (o scuola), al Gennari, al Cavedoni ed anche al Crespi (lo
Spagnuolo), lascito testamentario del ricco signor Luigi Deggiovanni, morto il giorno 11 gennaio 1841.
Dal 28 giugno 2008 la Rocca Sforzesca ospita il Museo del Castello.